altSecondo uno studio Fondazione Rosselli-Altra.tv il nostro Paese si colloca al sesto posto in Europa per consumi. Puglia, Lazio e Lombardia le le regioni con il maggior numero di web tv.

L’Italia sedotta dai video online. Lo fotografia è tracciata da una ricerca condotta dalla Fondazione Rosselli – Istituto di Economia dei Media (IEM), commissionata da Co.Re.Com Puglia e realizzata con il supporto dell’Osservatorio Altratv.tv. In uno scenario internazionale in cui si rileva un forte incremento del consumo di video on line – i servizi video forniti on line rappresenteranno l’8% dei ricavi del settore tv e video entro il 2017, per raggiungere il 10% nel 2020, grazie alla spinta dei grandi player mondiali Ott (Google, Apple, Netflix ed altri) – l’Italia si colloca al sesto posto per consumi di video online a livello europeo, nonostante il grande ritardo nei tassi di penetrazione della banda larga rispetto agli altri Paesi europei. A settembre 2012 Audiweb ha registrato una media di 25 minuti di tempo speso on line e ben 5,5 milioni di utenti che hanno visualizzato da pc almeno un contenuto on line.

Tra le regioni piĂą “innovative” spicca la Puglia con una presenza di 73 realtĂ  iperlocali attive sul territorio mostrando un panorama ampio, dinamico e diversificato. In termini numerici la Puglia si colloca al terzo posto dietro a Lazio e Lombardia, coprendo l’11% dell’intero universo nazionale delle web tv che include 642 soggetti.  Sotto il profilo della copertura del territorio, la Provincia di Bari ospita circa la metĂ  delle web tv dell’intera Regione, seguita da Lecce (19%) e Foggia (18%). La predominanza della provincia di Bari per presenza di web tv non si riscontra sul versante dell’emittenza televisiva tradizionale. In totale 29 web tv pugliesi fanno uso di uno o piĂą aggregatori. YouTube è l’aggregatore piĂą utilizzato (ne fanno uso 24 web tv). Facebook guida la classifica di popolaritĂ  tra i social network.

“L’analisi qualitativa effettuata su un campione rappresentativo di soggetti, indica un discreto grado di specializzazione dei contenuti, piani editoriali ancora non ben definiti e strutturati e un impiego dei social media non del tutto valorizzato (si pensi alle potenzialitĂ  legate alle applicazioni mobili) – spiega lo studio – Sul versante delle risorse umane è in atto uno difficile percorso di professionalizzazione, ma ad oggi tali realtĂ  (tranne alcune eccezioni) si affidano prevalentemente a volontari e spesso a studenti universitari afferenti alle discipline della comunicazione. Ne deriva un modello di business ancora fragile in assenza di un sostegno pubblico stabile e continuativo (come avviene nel caso delle tv locali) con introiti pubblicitari ancora insufficienti. Grandi potenzialitĂ  derivano dalle opportunitĂ  di un confronto piĂą costruttivo con le Pmi del territorio e rapporti di maggiore collaborazione con la pubbilica amministrazione locale”.

 

Fonte: Agenda Digitale