Ci sono tecnologie che ci rendono la vita più interessante, più organizzata o più divertente. E ci sono tecnologie che ci rivoluzionano la vita perché ci toccano nei bisogni più profondi. «Prima di sperimentare la nostra soluzione alcuni pazienti potevano solo dire sì o dire no – racconta Marco Lazzari, docente di informatica di base e tecnologie per l’istruzione all’Università di Bergamo -. Ora esprimono le loro preferenze, anche con sfumature di significato». Assieme a Daniela Grigis, Lazzari ha sperimentato l’uso di tablet a basso costo con Android e app gratuite per usare la comunicazione aumentativa e alternativa con disabili gravi. Hanno creato un insieme di tabelle personalizzate, popolate con fotografie dei luoghi, delle persone o degli oggetti che costituivano un argomento di comunicazione. 

I risultati per gli utenti sono stati entusiasmanti e ora il sogno è creare un’app con un sistema wiki per la condivisione delle immagini, che ciascun utente può importare. I risultati di questo progetto saranno presentati, assieme a tanti altri, a Trento a ChItaly 2013, conferenza biennale sull’interazione uomo-macchina (che inizia domani 16 settembre) organizzata dalla Fondazione Bruno Kessler e dall’università di Trento. 
Proprio questi due attori dell’innovazione stanno portando avanti un altro progetto, Fit-city, che vuole incentivare uno stile di vita attivo. Non vi immaginate la solita app che traccia le vostre performance sportive. Qui lo sforzo di immedesimarsi nell’utente – è questa la caratteristica di tutti i progetti presentati, che puntano su un approccio multidisciplinare – arriva al cuore dell’individuo. «Il fatto è che le persone scaricano le app per il fitness ma poi spesso si stancano – spiega Michela Ferron, ricercatrice della Fondazione Bruno Kessler – Noi abbiamo studiato a fondo le teorie sulle motivazioni e la loro relazione con le performance e i sistemi di incentivi». Queste conoscenze, assieme alla gamification, sono alla base di un’app in fase di sviluppo.
Sui bisogni del corpo si basa anche il dispositivo realizzato dalla trentina CoRehab. «Quando un paziente che ha subito lesioni termina la prima fase di riabilitazione motoria corre il rischio di esagerare con gli esercizi a casa, di eseguirli in maniera scorretta, o di non proseguire oltre i primi risultati che gli consentono una funzionalità minima» spiega Cristina Costa, ricercatrice dell’area well-being di Create-Net (Center for Research And Telecommunication Experimentation for Networked communities) che ha collaborato al progetto. I sensori applicati al corpo sono collegati al dispositivo; questo invita sullo schermo del monitor o della tv a eseguire una serie di giochi, che prevedono i movimenti più utili per una corretta riabilitazione motoria. Il prodotto, che sta per essere lanciato sul mercato, è stato messo a punto grazie alla collaborazione con gli utenti, i fisioterapisti e i tecnici dell’Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna.

Fonte: Il Sole 24 Ore