Pochi mesi fa una rivista italiana del settore IT ebbe modo di raccontare un interessante progetto realizzato presso un ateneo lombardo. Un team composto da tre soggetti aveva vinto un concorso internazionale di robotica. La notizia, però, non era focalizzata tanto sul premio, quanto sulla composizione di genere del mini-gruppo, nel quale erano presenti due ingegneri donna e un docente uomo. Fatto a quanto pare eccezionale, per il settore: sembra, dunque, che ci sia molto da lavorare, sia in termini di comunicazione, che di parità di genere (con le connesse parità di crescita nei ruoli apicali, stipendio e così via), quando ci si avvicina a questo mondo.

Riprenderemo in seguito la questione femminile, ora è necessario indicare i confini della robotica (da troppi ancora confusa/integrata con l’intelligenza artificiale) per fornire la corretta dimensione del fenomeno.

Sarebbe facile, come si sente affermare in alcuni ambienti, chiudere la pratica “robotica” con l’assunto: “i robot tolgono lavoro agli operai”. Non è così e non sarà così. Ma è vero che esiste una paura latente e sotterranea, che il Censis quantifica in un numero: 7 milioni di lavoratori che nel nostro Paese hanno paura di perdere il lavoro a causa dell’arrivo di nuove e più performanti tecnologie, robot compresi. Addirittura, molti pensano che le condizioni di lavoro peggioreranno, in termini di orari più pesanti e di minore sicurezza. È chiaro che vi sia un immenso problema di percezione errata, dato che, dall’altra parte di questa ipotetica barricata, invece, viene narrato tutto il contrario.

Robotica: l’interazione uomo-macchina

Esattamente come già espresso dalla politica in occasione dell’introduzione del Piano Nazionale Industria 4.0 (una “Nuova concezione di industria basata su un alto livello di automazione e interconnessione”) - correva l’anno 2016 - i robot non hanno nessuna vocazione a sostituire l’uomo; vero è che il lavoro dell’uomo cambierà, diventando meno “operativo”, più specializzato e più orientato al coordinamento di queste stesse modernissime macchine. Oggi la robotica non comprende unicamente “singole macchine evolute”, ma un insieme ben più articolato.

robot chirurgico

Almeno due semplici osservazioni danno un’idea più precisa della robotica. La prima è che i robot sono anche gruppi connessi di “macchine” in collaborazione per un obiettivo condiviso. La seconda è che ogni robot è anche (soprattutto) fatto di software e quest’ultimo può evolvere, imparare e addirittura produrre altro software, generare un’altra “macchina”. La stessa parola “softbot” riassume sia la parte software che la parte robot nella stessa “macchina”. A differenza delle macchine tradizionali, questi strumenti sono capaci di sostituire non solo attività umane manuali, ma anche intellettuali; non solo individuali, ma anche collettive, in supporto per esempio all’insegnamento, al design, alle analisi di mercato, alla ricerca di informazioni, agli investimenti strategici in Borsa, alle attività diagnostiche e terapeutiche in medicina. Per tutto ciò è indispensabile – come sempre è successo – conoscere le tecnologie e prevederne gli sviluppi per controllarne l’uso corretto, conforme ai nostri valori. Con una differenza sostanziale rispetto alle macchine dei secoli passati: che queste nuove “macchine” hanno un impatto molto più pervasivo rispetto alla nostra vita e sono in evoluzione molto più rapida, perché possono imparare e riprodursi.

Sì, è molto probabile che aumenti in futuro la percentuale di lavori svolti dai robot (da qui al 2025 il World Economic Forum stima un 52%, il doppio rispetto a oggi). No, anche nelle visioni più avveniristiche i robot, umanoidi o meno, difficilmente potranno provare emozioni. Questo timore è molto simile a quello sull’Intelligenza Artificiale: prima di parlarne bisognerebbe definire cosa è l’intelligenza. Certamente i robot potranno conoscere-decodificare meglio i nostri sentimenti e le nostre reazioni – già lo fanno in molti casi - ma questo non significa che renderanno meno importanti gli umani che li hanno costruiti e che li controllano. Robot amici, dunque, non nemici, e grande fonte di occupazione a livello industriale e di ricerca e sviluppo, proprio per il nostro Paese. Anche in questo caso basta osservare i numeri: si parla di una filiera italiana della robotica che conta oltre 100 mila imprese, per quasi 430 mila addetti. E in merito al “cosa faranno i robot per noi?”: tante sono le direttrici della ricerca, sempre più in linea con i temi della sostenibilità. Ai robot si chiederà uno snellimento delle procedure industriali, ma anche un impegno nello spazio, così come nelle sale operatorie, in affiancamento al lavoro dell’uomo e alla semplificazione delle attività quotidiane.

Robotica, automazione e utilizzo di robot: altri numeri

Secondo il “Rapporto 100 innovation stories” promosso da Enel e Fondazione Symbola, in collaborazione con Fondazione UCIMU: “L’Italia è il sesto Paese al mondo per numero di robot industriali installati, preceduta solo da Cina, Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti e Germania, conta circa 104.000 imprese nel settore ed è al sesto posto anche per numero di pubblicazioni scientifiche - oltre 10.000 - legate alla ricerca sull’automazione”. C’è di che essere orgogliosi; e occorre proseguire in questo cammino.

Considerato che ci saranno nuovi posti di lavoro legati all’alta tecnologia e che occorreranno competenze specifiche tutte da costruire, ecco che si fa strada la figura femminile, che perfettamente si sposa con un ambito nel quale è necessario che l’aspetto umano sia ben introdotto e ben armonizzato. Non è l’automazione tout court a far crescere il Sistema Paese, è la combinazione tra vecchi e nuovi saperi, tra cultura umanistica e cultura scientifica, tra tecnologia in sostituzione e tecnologia in supporto alle persone e ai loro bisogni; “macchine”-protesi inventate per collaborare con gli umani, non per limitarne l’autonomia. E in questo – armonizzare, coordinare, integrare, condividere – la donna raggiunge l’eccellenza.

Un’ultima nota, probabilmente conosciuta ai più, sempre riportata dal Rapporto: sono italiane due tra le maggiori esperte al mondo di robotica, Barbara Mazzolai e Cecilia Laschi, inserite nel 2015 tra le 25 donne geniali nella classifica stilata da RoboHub, la piattaforma di comunicazione fra comunità scientifiche internazionali alimentata da esperti in materia. Che dire: nulla da aggiungere, in verità. Da role model di questo genere non possono che nascere giovani professioniste destinate a dar vita a grandi progetti.

Gianna Martinengo

Gianna Martinengo
CEO DKTS
Membro dell’Advisory Board di STOA
Fondatrice e Presidente di Women&Tech®
Expertise: Innovazione tecnologica e sociale, E-Learning, Women’s Empowerment

(per maggiori dettagli sul CV, vedi: https://www.didaelkts.it/gianna-martinengo )