I fondi comuni di investimento sono tra i più diffusi strumenti di risparmio che circolano sul mercato. Hanno una storia trentennale in Italia ed hanno avuto il merito di insegnare agli italiani l’arte della diversificazione del risparmio, su più classi di investimento (azioni, obbligazioni e valute) e su più aree geografiche. In genere l’artefice delle scelte dei titoli e dei paesi da inserire in un fondo è la figura professionale del gestore. Il suo compito è studiare a fondo i bilanci delle aziende e l’affidabilità degli Stati sovrani, in modo da poter selezionare al meglio tra le migliaia di opportunità di investimento in circolazione. Ma nel tempo l’universo investibile ha assunto dimensioni eccezionali, vastissime. Le banche, gli intermediari, le società di gestione fondi di investimento sono dotati di uffici studi molto professionali e team di analisti di mercato capaci di valutare molto puntualmente le opzioni di possibili.

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Ciononostante, l’attività ‘umana’ non è più sufficiente. Anzi, potremmo dire che sta diventando proprio inadeguata se non addirittura superata. Cosi, le strutture di gestione si stanno dotando di supporti tecnologici con grandi capacità di calcolo, in grado di operare scelte finanziarie precise ed efficienti. È il mondo del roboadvisory o robot-advisory: ciò non significa (come potrebbe apparire da una semplice traduzione letterale) che i robot operano delle scelte al posto dell’umano. Parliamo dell’utilizzo di macchine a cui vengono impartite istruzioni precise, in base alle quali poi vengono individuate non solo classi di investimento, ma anche i momenti tatticamente più opportuni per investire o disinvestire da un titolo.

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Il mondo del ‘roboadvisory’ (si può scrivere anche senza la T finale di Robot) ha avuto un forte impulso tra il 2007 e il 2008, a seguito della forte crisi finanziaria scatenata negli Stati Uniti dai mutui subprime e dal fallimento di Lehman Brothers. In quel periodo si manifestarono grandi difficoltà nell’attività dei gestori, che si ritrovarono spiazzati di fronte ai nuovi rischi palesati dal quel difficilissimo contesto di mercato. Ma soprattutto l’industria ha messo a nudo il problema dei problemi: i suoi costi, non più accettabili a fronte di rendimenti sempre più scarsi e oneri richiesti ai sottoscrittori non più giustificati dai risultati spesso insoddisfacenti. Grazie a questi limiti la digitalizzazione dei servizi di investimento si è fatta largo. Grazie agli algoritmi ed ai sistemi di intelligenza artificiale oggi la consulenza finanziaria ha dei costi più accettabili e, soprattutto, il gestore opera scelte coadiuvate da macchine che lo aiutano a contenere l’impatto emotivo della sua attività. In questo campo ancora non ci sono molte donne. Ma le poche che si sono fatte spazio si sono guadagnate una forte competenza e una forte credibilità.

Gianna Martinengo

Gianna Martinengo
CEO DKTS
Membro dell’Advisory Board di STOA
Fondatrice e Presidente di Women&Tech®
Expertise: Innovazione tecnologica e sociale, E-Learning, Women’s Empowerment

(per maggiori dettagli sul CV, vedi: https://www.didaelkts.it/gianna-martinengo )