Mancano le competenze, mancano i saperi, il mercato chiede e il mondo della formazione non risponde. Per non parlare della questione femminile nelle STEM. Esiste una via d’uscita?
Di Gianna Martinengo

Il contenuto è stato esposto in occasione di Elle Active 2022 che si è tenuto il 5 e 6 novembre presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

La continua evoluzione delle tecnologie e del mercato ci obbliga ad innovare anche nel campo della formazione… non è una scelta virtuosa, è una necessità, dato che pare che ci siano mondi che ancora non riescono a incontrarsi. Oggi assistiamo ad un continuo incrocio di saperi, di nuove competenze, di necessità di formazione continua, pensiamo a Edutech, Fintech, Proptech, Health Tech, Biotech…

Abbiamo il problema della mancanza di persone con competenze adeguate per svolgere un determinato compito (skill gap); abbiamo sì i lavoratori, ma le loro competenze non sono più adatte (mismatch) rispetto alle richieste del mercato. Inoltre mancano docenti per formare i professionisti più richiesti dal mercato.

Vista in questi termini la situazione è sconfortante, ma siccome io sono abituata a credere nello sviluppo positivo delle situazioni e nell’ingegno dell’uomo, faccio un passo avanti e provo a identificare una serie di soluzioni.

A domanda si risponde con una offerta adeguata. Per questo sostengo che abbiamo fortemente bisogno di corsi di laurea triennali legati alla richiesta del mondo del lavoro.

Esiste un circolo vizioso che chiamo “installato docenti”: con questo voglio dire che si attivano con più facilità nuovi corsi negli ambiti dove ci sono più persone laureate, come ad esempio Psicologia, Sociologia, Scienze Politiche e Legge (88 negli ultimi 5 anni, siamo arrivati a quota 600 corsi), rispetto a Cybersecurity e Data Science (22 negli ultimi 5 anni, siamo arrivati a quota 30 corsi) (Fonte: Osservatorio Talents Venture).

Come dare risposte di formazione e talenti alle aziende e al mercato, se tali talenti non trovano modo di esprimersi attraverso l’università?

Vengo ora all’annoso problema della disparità di genere nelle materie STEM: per certi versi pare di non essere mai usciti dai secoli bui, ma dobbiamo tutti insieme sforzarci assolutamente di superare questa criticità.

Una laurea STEM garantisce migliori opportunità occupazionali e anche una retribuzione più alta. Secondo i dati di Almalaurea rielaborati dall’Osservatorio Talents Venture, tra le persone con laurea magistrale STEM, infatti, il tasso di occupazione si attesta all’80,6% in contrapposizione al 64,9% per coloro che non sono STEM. E se guardiamo alla loro retribuzione si tratta di circa il 17% in più in favore sempre di chi possiede una laurea STEM.

Le donne, però, non solo sono pressoché assenti in questi ambiti, ma nemmeno godono degli stessi livelli di retribuzione e delle stesse prospettive occupazionali. Nello specifico, le donne con una laurea magistrale STEM hanno in media un tasso di occupazione ad un anno della laurea di 9,7 punti percentuali inferiore rispetto agli uomini. Per quanto riguarda la retribuzione, invece, le laureate STEM percepiscono in media, il 14,5% in meno degli uomini.

Per riuscire a rispondere in modo adeguato alle nuove esigenze professionali del mercato e allo stesso tempo valorizzare il talento femminile anche in ambito STEM propongo una soluzione che prevede più punti: innanzitutto è necessario agire in modo fattivo su gender gap, orientamento, mobilità e internazionalizzazione.

Dobbiamo liberarci di una serie di cattive abitudini ancora troppo radicate, come la mancanza di una attività di orientamento istituzionale dei docenti, genitori e ragazzi, per non parlare del retaggio di stereotipi quale il famoso “sono mestieri da uomini”. Uno dei “cliché” più comuni è che le donne siano meno “tecniche” degli uomini; questa opinione è spesso considerata una mancanza di professionalità in generale. Ci sono buone ragioni per credere che questa deduzione sia sbagliata. Un altro stereotipo è che le donne sono più facilmente influenzabili, più emotive, sentimentali, quindi più fragili. Tuttavia, se l’intelligenza prevalente è collettiva, allora le abilità native e di vita delle donne (creatività, empatia, negoziazione, problem solving, passione, flessibilità) sono essenziali per qualsiasi lavoro, in un futuro potenziato dalle tecnologie. Sono quelle che si definiscono competenze trasversali.

A tutto ciò è necessario aggiungere un aspetto prettamente di approccio culturale: riteniamo che, indipendentemente dal genere, le competenze scientifiche e tecniche debbano essere integrate con le discipline umanistiche al fine di promuovere un approccio multidisciplinare e olistico alle soluzioni. Non dimentichiamo che l’Intelligenza Artificiale è il collante tra computer science (hardware, software reti) e cognitive science (linguistica, psicologia, sociologia, neuroscienze e antropologia.

In sostanza ciò che è necessario proporre è l’emersione e valorizzazione delle competenze trasversali: cognitive, realizzative, relazionali e manageriali. Un approccio così positivo e costruttivo rinforzerà le nostre competenze e ci consentirà di essere efficaci e collettivamente competitivi. Passeremo dunque, finalmente, da STEM a STE(A)M, dove la A indica le scienze umane inserite nel cuore di scienza, tecnologia, ingegneria, matematica.

Women&Tech® – Associazione Donne e Tecnologie – ETS ha all’attivo una serie di iniziative che rientrano nell’alveo della promozione della cultura STEAM e del superamento del gender gap. Tra queste cito il progetto Ready4Future per l’orientamento ai mestieri del futuro, ben 28 iniziative a livello nazionale dal 2010 ad oggi. https://www.womentech.eu/ready4future

Inoltre collaboriamo con aziende STEM per incrementare il numero di studentesse presenti; favoriamo incontri con ragazze che hanno fatto percorsi analoghi (si veda il progetto 2021: Women&Tech® Young Ambassadors https://www.instagram.com/spillthesteam/).

Approfondimento: i numeri

  • Dal 2012 al 2021 Il numero di donne all’università rimane più alto e continua a crescere più velocemente, ma i gruppi STEM hanno il bilanciamento peggiore. Alto nelle Scienze Umane e scienza della Formazione, basso in ICT e Ingegneria e produzione e costruzione. È in crescita (41% contro il 30%), ma per le ragazze nell’ICT non è abbastanza, perché ci sono 27.188 iscritte in meno in quei corsi (rilevazione del 2020/2021). Per colmare il gap, ammesso che si mantenga lo stesso tasso di crescita, occorreranno 21 anni. Questa disparità è rilevata anche tra il personale docente (Fonte: Talents Venture)
  • OCSE: fino a 12 anni permane un grande interesse per le materie STEM, che poi cala e solo il 5% delle ragazze pensa a carriere come informatica o ingegneria, contro il 18% dei maschi
  • Eurostat ci dice che nelle competenze informatiche/digitali di base siamo terzultimi in Europa, prima di Bulgaria e Romania (16-19 anni)
  • In Italia solo il 15,4% delle studentesse delle superiori raggiunge un livello alto nei test invalsi (contro il 23% maschi)
  • Il fabbisogno di ingegneri laureati nel periodo 2021- 2025 sarà del 14%, i.e. 31 mila persone (fonte ANPAL)
  • Deloitte sostiene che il bisogno di donne nel settore tecnologico incrementerà del 33% (ma l’incremento delle iscritte è del 0,5%)
  • L’Italia è al 25° posto su 28 per uguaglianza digitale di genere (inclusione digitale)
Ready4Future