Grazie a Lombardia4all è possibile verificare l’accessibilità dei luoghi pubblici, a seconda del tipo di disabilità
Arben, 36 anni di cui 22 trascorsi in Albania dove è nato e i restanti in Lombardia dove invece ha scelto di vivere, il mondo se lo può solo immaginare. È infatti un non vedente, il che non gli impedisce certo di avere una vita iperattiva, di cui Milano è l’epicentro. E’ la persona ideale per testare un software appena realizzato per rendere la realtà circostante più accessibile ai diversamente abili. Si tratta di Lombardia4all, un’applicazione progettata da Sergio Mascetti (ricercatore presso il Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Milano) e recentemente premiata con un buon settimo posto nel concorso OpenApp, attraverso il quale la Regione ha voluto incentivare lo sviluppo di Web app o di app per dispositivi mobili.
SOCIAL – Tecnicamente, Lombardia4all è una «location-based mobile social app», ovvero un’applicazione per smartphone e tablet in grado di verificare l’accessibilità dei luoghi pubblici in Lombardia, regione che si presenta ancora una volta come terra di sperimentazione. In pratica, si imposta la app a seconda del tipo di disabilità (visiva, uditiva, motoria o cognitiva) e si cercano i luoghi d’interesse prestabiliti, ad esempio, musei, biblioteche e ostelli, li si visualizza su una mappa e si verificano varie informazioni a essi collegate, come ad esempio il grado di accessibilità. E questo grazie, in particolare, ai commenti lasciati dagli altri utenti.
AGLI ESORDI – «Oggi volevo visitare il Museo Louis Braille», ci spiega Arben, che ha da poco scaricato Lombardia4all, utilizzabile anche dai disabili visivi mediante «voice-over». «E così ho voluto mettere alla prova la app. La quale, oltre a segnalarmi dettagli utili come la mappa, l’indirizzo e il numero di telefono, mi ha anche permesso di conoscerne il livello di accessibilità grazie a una nota lasciata in precedenza da un altro utente». E qui risiede anche la forza (così come il punto di debolezza) del software. Essendo sostanzialmente un social, costruisce il proprio valore aggiunto sui contributi dei singoli disabili ma, avendo visto la luce da poco, non dispone ancora di una community consolidata su cui basarsi. «Per rendere l’idea, basta immaginare Facebook senza gli iscritti», spiega Mascetti. Oppure Facebook agli esordi.
Fonte: Corriere della Sera